Gaetano Pesce, i Malfatti, le mamme. Accostamenti azzardati.

Mi piacerebbe avere le competenze per studiare Gaetano Pesce bene, con calma, a fondo. Non le ho, ma a lui vorrei comunque dedicare un post che potrà forse apparire sconclusionato. Lo è, se leggeranno qui i designer. Non lo è, forse, per i lettori abituati ai miei voli pindarici tra temi apparentemente distanti. In ogni caso azzardo, è da un po’ che voglio scrivere di lui.

Ricordo una mostra alla Triennale di Milano – era il 2005 – dove venivano evidenziati molti aspetti  interessanti: la ricerca su materiali, la cultura pop, le riflessioni sulla progettazione, le sperimentazioni…
Mi colpì molto l’idea di riportare il gesto dell’individuo all’interno di alcuni oggetti prodotti con materiali sintetici e processi propri di una produzione industriale. Era un tentativo eversivo, l’evidenziare la contraddizione tra l’abilità unica dell’artigiano e l’efficienza standard della modernità. Nelle mille sfumature magmatiche assunte dai polimeri, Pesce prima di Beatrice Alemagna ma con lo stesso senso ludico tesse le lodi dei Malfatti:

“Il fatto di fare degli oggetti che, nel loro processo di fabbricazione, ammettono l’errore e il difetto, è un mezzo per affermare che l’ideale della bellezza del nostro momento storico è quello della realtà quotidiana, con le sue qualità di differenza, le sue contraddizioni, e le sue trasgressioni. (…)  L’oggetto difettoso è quello che, nella produzione standardizzata, ha il coraggio, la forza e la volontà di essere diverso, malgrado la potente macchina standardizzatrice. Questo possiede il valore più grande, gli altri erano solo dei numeri. (…) Il malfatto crea una categoria di oggetti portatrice di segni umani e, quindi, l’errore ‘diviene sinonimo di qualità”.  (fonte)

Gaetano Pesce mi sta talmente simpatico che quando mi chiedono “E tu che sedia sei?” rispondo che sono una sua sedia, la Broadway. Non bella, non comoda, femminile ma caotica e di certo malfatta. Lo spiego meglio qui, il perché, e sorrido pensando a chi si aspetta da me morbidezza e comodità. Oh no, non mi sento per niente così. Chissà perché me lo dicono… Perché fisicamente non ho spigoli? Perché sono mamma?

Già, la mamma. Anzi, la Mamma, con la maiuscola in quanto archetipo. Un’altra poltrona di Pesce che mi piace tanto è questa della serie Up, detta anche Big Mama. Questa forma inglobante di poliuretano espanso, che originariamente era venduta compressa sottovuoto e si espandeva nel tempo acquisendo la forma progettata, è più umana dell’umano, più vera del vero, più mamma che mai! Morbida e dolce ma anche un po’ cannibale, legata al figlio/puff da un cordone ombelicale ambiguo – forse una palla al piede? –  trova la sua ragion d’essere, la sua “sediosità”, nell’alveo creato dall’ “espulsione” di questa pallina che si porta sempre appresso. Proprio come certe mamme che si lamentano in continuazione dei figli, ma non sanno parlare d’altro. Donne in quanto mamme, e basta.

La Big Mama, però, è anche corpo sexy tutto curve, è icona di femminilità generatrice, dea. Un po’ antica e un po’ classica, insomma. E però no, non solo! è anche POP perché è grande, colorata, sintetica e rossa, esageratissima!  Ecco cosa dice Gaetano Pesce a proposito di una visione “femminile” delle linee della progettazione:

“La storia che ci precede ha sempre avuto come modo di educazione degli individui quello che metteva in evidenza le qualità della mascolinità e che teneva represse le espressioni della femminilità. Questa storia è durata circa 5000 anni. Per me la mascolinità rappresenta l’aspetto ‘pubblico’ del pensiero e la femminilità il suo aspetto ‘privato’. Come sappiamo la storia del mondo è entrata da qualche decennio in quel che chiamiamo la ‘sfera privata’, la cui maggiore espressione proviene dalla parte del cervello degli individui che definiamo femminile. La rigidità, l’aspetto serio delle cose, l’assenza di colore, la forza, l’ideologia, il monolitismo e, alla fin fine, lo spirito totalitario, sono delle caratteristiche che hanno perso la loro energia. Per contro, l’ironia, la presenza del colore, la gioia, la frammentazione, la multidisciplinarietà, l’elasticità, la sensualità, sono dei territori in cui si può scoprire tutto e attraverso i quali si possono arricchire le nostre vite e i nostri progetti. Nel nostro mondo dell’architettura e degli oggetti, sarebbe tempo di vedere delle creazioni fondate su questa femminilità. Questo permetterebbe a mio avviso di rinnovare profondamente l’ambito della creazione e di aprire così un periodo tanto ricco come quelli da cui siamo generati”. (fonte)

Che meraviglia questo progetto, divertente e complesso, profondo dal punto di vista dell’ergonomia e del pensiero. Importante ed ironico, pietra miliare e dissacrante. Uno di quegli oggetti che vien da pensare: andava proprio creato, era necessario, non se ne potrebbe più fare a meno.
No, non se ne può fare a meno, nel bene e nel male. Proprio come la mamma.
(Detto ciò, mi tengo stretta la Broadway)

 

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Gaetano Pesce, Poltrona della serie Up, La Mama
Legno e poliuretano espanso.

Info:

> Gaetano Pesce

> il progetto Up5

2 pensieri su “Gaetano Pesce, i Malfatti, le mamme. Accostamenti azzardati.

  1. HoscopertoGaetanoPescequestannoallasuamostraalMAXXIedpstatoamorepelasuapassioneallaricercaperlesueprovocazioniintelligentiperlallegriadeisuoidivanigrandipensieriBelloritrovarloquienonmenemeravigliopossoaccomodarmiancheiosullapoltrona

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