Di questi tempi non capita spesso di incontrare una persona che afferma con serenità: “Sono già felice di avere una mia attività, di gestirla come mi piace scegliendo anche quali lavori fare e come”. Storia di un’agenzia creativa sul delta del Po’, di un uomo femminista e di una sedia tipofila finita in casa per amore. Che bella scoperta, Antonio Bellan.
Siediti e dicci chi sei, cosa fai?
Mi chiamo Antonio Bellan e sono una persona alla costante ricerca di stimoli. Mi appassiono ad un’infinità di cose, anche se poi sono poche quelle a cui mi dedico con costanza. Direi che i miei due grandi amori, in questo senso, sono la musica e la progettazione grafica.
La musica è stato il primo, più la “frequentavo” più me ne innamoravo, fino ad arrivare a dedicarle tutto me stesso, ma poi, a causa di una tendinite, nel giro di poco tempo, ho dovuto lasciarla. Dopo mesi di cure, vedendo che non miglioravo, ho capito che non potevo più continuare a suonare il pianoforte e di conseguenza a studiare composizione. È stata dura perché mi è crollato il mondo addosso, la musica era la mia certezza. Sono proprio andato in crisi.
Ho giurato che non mi sarei più appassionato così tanto a qualcosa, ma naturalmente non ho mantenuto il giuramento! Non posso fare a meno di avere qualcosa che mi dia la possibilità di esprimermi, ho bisogno di fare qualcosa di creativo. Così, poco dopo, ho trovato quello che cercavo nella progettazione grafica. Ora è questo il mio lavoro. Insieme ad un mio grande amico, Tomas Massarenti, ho fondato Concreate Studio ed ora ci occupiamo principalmente di progetti di Brand. Lui ha una preparazione più artistica, è laureato in pittura all’Accademia di Belle Arti, ed io più tipografica, mi piace molto studiare e disegnare i caratteri. Lavoriamo sempre insieme ad ogni progetto, il nome deriva proprio da questo nostro approccio al lavoro: concreate significa creare insieme e consiste proprio nel fatto che portiamo a termine ogni progetto attraverso la fusione delle nostre capacità.
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Tipoteca Italiana – Foto Concreate Studio |
Prova a descrivermi la tua vita lavorativa, passata e presente, attraverso sedie e ambienti…
Lavoravo in una piccola tipografia come grafico e passavo la maggior parte del tempo in una stanzetta, senza finestre, seduto su una vecchia sedia da ufficio davanti ad un Mac. Era abbastanza soffocante. Anche se all’epoca il lavoro mi andava un po’ stretto perché ero solo un esecutore e non c’era tanto spazio per la creatività, mi accorgo ora di quanto sia stato comunque importante lavorare a stretto contatto con gli stampatori, vederli stampare in offset, in serigrafia ed anche comporre qualcosa ancora a mano con i caratteri mobili. Tutto questo si vede adesso nel mio lavoro: presto particolare attenzione alla scelta di carte, materiali e tecniche di stampa.
Ora il mio studio è proprio come io e Tomas l’abbiamo sempre sognato, spazioso, luminoso ed accogliente. L’abbiamo pitturato ed arredato con le nostre mani seguendo quell’idea che ormai avevamo maturato, fantasticando fin da quando eravamo dei ragazzini. La stanza in cui lavoriamo è completamente bianca, ci sono le nostre comode sedie da ufficio, su cui passiamo la maggior parte del tempo, i pc su una lunga scrivania e poi un tavolo da lavoro, una stampante ed un tagliarisme. Alle spalle abbiamo una grande finestra e difronte un enorme verto acetato che ci separa dal salottino, che abbiamo pensato per accogliere e discutere con i clienti. Nel salottino ci sono solo dei pouf che abbiamo scelto sia per il design, sia perché si possono usare come sedute o come piani di appoggio e si possono unire in diverse combinazioni. I pouf sono informali, mettono subito tutti sullo stesso piano, ci si sente più vicini e mi piace l’atmosfera che si crea tra noi ed i clienti in questo modo, non come quando ci si trova ai lati opposti di una scrivania.
Sedia e pc, un binomio tipico: ora parliamo di web. Come usi questo strumento nel tuo lavoro? A volte ho l’impressione che in certi contesti etichettati come “creativi” si continuino sempre a condividere le stesse idee e prevalga l’autoreferenzialità… Quali sono le tue fonti?
Per me, che vivo in una piccola cittadina sul Delta del Po, il web è uno strumento importantissimo per essere sempre in contatto con il resto del mondo. Internet elimina veramente le barriere date dalla distanza. Lo uso per conoscere persone creative e stimolanti con cui condividere passioni, da cui imparare e con cui, a volte, si creano anche dei rapporti di amicizia. Trovo molte fonti di ispirazione da siti web, blog e frequento diversi social network e gruppi. Se non frequentassimo entrambi il gruppo Tipofili, su Facebook, probabilmente io e te non ci saremmo mai incontrati, non credi? Poi il web è uno strumento utile anche per farsi conoscere, per mettersi in mostra ed è vero che c’è spesso molta autoreferenzialità, immagino che uno dei motivi sia proprio per questo. Ma non penso sia dovuto solo al mezzo, quanto piuttosto alle singole persone che probabilmente sono così anche quando non sono in rete.
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immagine da qui |
Noi sedie, come sai, siamo per l’unicità dei singoli. L’altro giorno ho scoperto un altro lato di te del tutto inaspettato: ti interessi alle “questioni di genere”, agli stereotipi che coinvolgono sia donne che uomini. Normalmente sono temi che animano il mondo femminile, da dove ti deriva questo interesse?
Non sopporto qualsiasi tipo di discriminazione, che sia dovuto alla razza, al sesso, ma anche alla cultura, all’età, alla ricchezza. Lo trovo un comportamento inaccettabile, incivile.
Le questioni di genere sono comunque quelle che mi stanno più a cuore, perché mi colpiscono personalmente e quindi ho sviluppato negli anni una certa sensibilità all’argomento. Posso definirmi un femminista. Detto da un uomo può sembrare strano, ma l’idea che ogni femminista sia e possa solo essere una donna è già di per sé un forte pregiudizio. L’uso di questo termine ha delle basi storiche e, anche se la parola sembra riferita solo alle donne, in realtà il femminismo è un movimento contro ogni genere di discriminazione fatta in base al sesso ed alle preferenze sessuali di una persona, è contro gli stereotipi che ci imprigionano in ruoli che ci opprimono e ci impediscono di esprimerci liberamente come individui. C’è ancora chi erroneamente pensa al femminismo come alla versione femminile del maschilismo, quando è l’esatto contrario. Il femminismo si batte per la parità, il maschilismo vuole la disparità.
Penso che sia importantissimo che uomini e donne siano uniti in questa lotta. Ciò che danneggia la donna danneggia anche l’uomo. Non sono uno che pensa di andare contro il sessismo per generosità nei confronti delle donne, come se mi sentissi in dovere di correre in loro soccorso perché le crede deboli (quel modo di affrontare la questione non mi piace), anzi sono convinto del contrario e cioè che le donne si difendano già bene da sole. Sono gli uomini il sesso debole, perché pochissimi uomini hanno il coraggio di ribellarsi ed andare contro la cultura patriarcale, una cultura che ci ha imposto un unico modello di virilità che non dà spazio ad esternazioni di sentimenti, che ci insegna a trattare le donne come oggetti e che è sempre stata in contrasto con la mia natura. Da piccolo ne soffrivo ed avevo paura di avere qualcosa che non andava perché non corrispondevo a questo modello. Allora provavo a fingere. Poi, maturando, ho trovato la forza di non tradire me stesso. Parlo di forza perché il paradosso sta nel fatto che si insegna agli uomini a non mostrare debolezza esternando i propri sentimenti, ma così si crea una maschera, si nasconde la sensibilità fingendosi forti quando la vera forza sta nel dimostrarsi vulnerabili senza paura delle conseguenze.
Sono in contatto con qualche gruppo che si occupa di questi temi, li seguo, ne discutiamo insieme e, nel mio piccolo cerco di dare il mio contributo, soprattutto quando si tratta di divulgare, di fare cultura. Questa è la cosa che ritengo più importante.
Riprendiamo a parlare di sedie. Qual è la tua sedia preferita nei tuoi spazi privati?
Ciò di cui non potrei sicuramente fare a meno è il mio divano: lo adoro! È perfetto per riposare, per pensare, per chiacchierare, per navigare in internet con il tablet, per guardare un film, per mangiare un gelato, per tutto insomma! È proprio questo il bello del divano: non è stato pensato per fare una cosa sola, come ad esempio il letto (che odio!).
Per immagine, se tu fossi una seduta, saresti una sedia, una poltrona, uno sgabello, un divano o una sdraio…?
Scelgo ancora il divano. Vorrei stare in un bel soggiorno, per partecipare alla vita della casa. Penso che il divano sia la seduta che si diverte di più!
Ti vedi più la sedia su cui gli altri possono sedere o alla ricerca della sedia su cui sederti?
Mi riconosco in entrambi i casi. Penso di essere una buona sedia per un amico o un familiare che ne ha bisogno e loro lo sono per me, quando sono io a chiedere aiuto o conforto.
Nella tua vita hai mai incontrato persone che son state per te una sedia?
La sedia della mia vita è sicuramente la mia fidanzata. Lei mi dà sicurezza, conforto, mi sostiene e mi fa sentire sempre a mio agio.
Ci regali una sedia della tua vita?
Una sedia a cui sono affezionato, da buon tipofilo, è una sedia bianca, con lo schienale fatto ad otto.
Me ne parlò la mia fidanzata nel periodo in cui ci siamo conosciuti, l’aveva vista nel negozio di arredamento di una sua amica e se ne era innamorata. Ha continuato a parlarmene per anni ed io le ho sempre detto che un giorno, quando saremmo andati a vivere insieme, gliela avrei regalata. E cosi è stato. Quando siamo andati a convivere, ho aspettato il suo primo compleanno, sono andato a comprarla e le ho fatto una sorpresa. Era felicissima.